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Blog di Fabio Cuoppolo, 27 anni, che ha la pretesa, ogni tanto, di instillare qualche dubbio nei suoi pochi affezionatissimi lettori

martedì 23 luglio 2013

la rappresentanza di genere

L’altra sera in Consiglio Comunale abbiamo deliberato per  l’applicazione della la legge 12 luglio 2011, n. 120 all’interno di SMAT, la società di gestione del servizio idrico integrato dell’area metropolitana torinese.

E’ stata introdotta una disposizione in base alla quale gli statuti delle società quotate dovranno prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato su di un criterio che assicuri l'equilibrio fra i generi, intendendosi tale equilibrio raggiunto quando il genere meno rappresentato all'interno dell'organo amministrativo ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti. Tale criterio di riparto dovrà applicarsi per tre mandati consecutivi e varrà anche per le società soggette a controllo di pubbliche amministrazioni.

E’ indubbiamente una delibera di carattere tecnico (applicazione della legge), eppure i dati legati a questo tema sono interessanti. La Commissione Europea, che ha tentato con politiche di soft law di stimolare provvedimenti per la rappresentanza di genere nei Paesi membri, rileva infatti che l’equilibrio di genere nei vertici aziendali ha effetti positivi sulle prestazioni delle imprese.  Ad esempio una ricerca McKinsey dimostra che le società con rappresentanza paritaria realizzano profitti del 56% superiori a quelle a conduzione unicamente maschile. Se invece si va ad osservare la realizzazione degli utili delle 290 società a maggiore capitalizzazione quotate in borsa si nota che le imprese con almeno una donna in Cda hanno risultati nettamente migliori. (fonte Ernst and Young). I risultati si potrebbero spiegare proprio con le effettive difficoltà aggiuntive che incontrano le donne per raggiungere posizioni di vertice che probabilmente fanno emergere effettivamente il talento.

Chi scrive è sempre stato contrario a provvedimenti per le riserve di genere, quote rosa e simili, ritenendole strategie sbagliate (almeno in via di principio) per promuovere l’emancipazione femminile. L’approccio dovrebbe partire sull’effettiva trasparenza (concetto abusato, ma su come è applicato ce ne sarebbe da discutere) dei criteri di scelta per certe posizioni, a maggior ragione per società soggette a controllo di pubbliche amministrazione. Tanto più i criteri sono caratterizzati da merito, talento e capacità, tanto automaticamente maggiore sarà il riequilibrio di genere avvicinandosi, e perché no superando quota 50%.  Una nota positiva però questo provvedimento legislativo ce l’ha, cioè quello di costituire (con la norma) basi culturali per abituarsi a vedere donne nei vertici aziendali. 
 

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